Entrambi gli artisti riescono a trasmettere un senso di estraniamento e di ricerca interiore nelle loro opere. Mentre la poesia di Strand lo fa attraverso le parole e le immagini evocative, le fotografie di Crewdson raggiungono lo stesso risultato attraverso composizioni visive e tecniche di illuminazione teatrali.
Scopriamo insieme la forza delle connessioni tra fotografia e poesia.
Immaginiamo come il poeta americano Mark Strand, noto per la sua poesia riflessiva e contemplativa, potrebbe analizzare una fotografia di Gregory Crewdson.
Nella fotografia di Gregory Crewdson, un’atmosfera intrisa di mistero e luce, emerge dall’oscurità come un sogno sospeso. Un’ombra si stende sulla scena urbana, rivelando il segreto dietro il quotidiano.
Le luci sembrano danzare con l’oscurità, I colori si fondono, sfilacciando il reale, E nelle pieghe dell’immagine, si nascondono storie, di solitudini silenziose e pensieri nascosti.
L’occhio del fotografo cattura l’attimo, come un istante sospeso nel tempo, e nella quiete dell’immagine congelata, Risiede un’inquietudine sottile eppure palpabile.
Crewdson dipinge con la luce e le ombre, creando un palcoscenico per l’anima, dove personaggi anonimi si perdono e si ritrovano, in un balletto di emozioni e introspezione.
La scena urbana diventa un teatro dell’umano, In cui la solitudine si fonde con la bellezza, e il profondo senso di estraneità, ci spinge a riflettere sulla nostra stessa esistenza.
Il poeta osserva questa fotografia di Crewdson, E si avvicina all’essenza della vita umana, Nell’infinita ricerca di significato e connessione, Tra la luce e l’oscurità, tra l’ombra e la luce.
Conosciamo meglio Gregory Crewdson
è un fotografo statunitense nato il 26 settembre 1962 a Brooklyn, New York. È noto per le sue fotografie altamente teatrali e cinematografiche, che spesso ritraggono scene ordinarie trasformate in momenti carichi di tensione, mistero e inquietudine.
Crewdson ha studiato alla State University of New York al Purchase College, dove ha ottenuto una laurea in Belle Arti nel 1985. Ha poi continuato i suoi studi alla Yale University, dove ha conseguito un Master of Fine Arts in Fotografia nel 1988. Durante il suo percorso di studi, ha iniziato a sviluppare uno stile unico e riconoscibile, caratterizzato da una cura meticolosa per i dettagli, l’uso complesso della luce e delle luci artificiali e l’elaborazione di scenari altamente elaborati.
Le fotografie di Crewdson spesso catturano scenari urbani o suburbani, con una particolare attenzione all’architettura e all’ambiente circostante. Le sue immagini sembrano quasi estratte da una scena di un film, con una narrazione sottesa o una tensione che richiede spesso interpretazione da parte dello spettatore. Queste caratteristiche lo hanno reso un fotografo molto apprezzato e celebre nel campo dell’arte contemporanea.
Per creare le sue opere, Crewdson impiega team di produzione e grandi squadre di tecnici, ricorrendo a set complessi e dettagliati per realizzare le sue visioni. Il processo fotografico richiede lunghi tempi di preparazione e l’uso di attrezzature sofisticate.
Le fotografie di Crewdson sono state esposte in molte mostre e sono presenti nelle collezioni di importanti musei e istituzioni artistiche di tutto il mondo. Il suo lavoro ha influenzato numerosi fotografi e artisti, e le sue immagini sono spesso oggetto di discussione e analisi nel contesto dell’arte contemporanea.
Gregory Crewdson è un fotografo che va ben oltre la semplice rappresentazione del reale. Le sue opere vanno oltre la fotografia documentaristica e si avvicinano più a una creazione di mondi e narrazioni, attraverso una combinazione di elementi psicologici e artistici.
Il suo background culturale, influenzato dal padre psicanalista e dallo studio dell’opera del pittore realista Edward Hopper, lo ha spinto a esplorare le componenti dell’inconscio umano e ad avere uno sguardo critico sulla luce e i colori nella sua fotografia.
Nelle sue immagini, si percepisce una realtà immobile e inquietante, dove pare che sempre qualcosa debba accadere, ma puntualmente nulla avviene. L’osservatore è coinvolto nella potenza comunicativa degli scatti, sentendosi parte di un mondo statico e atemporale, in cui il tempo e le emozioni si fondono insieme, plasmando la scena e dando vita a una sorta di cortometraggio visivo.
Crewdson si avvicina alla fotografia come un regista di un film, creando ambientazioni dettagliate e curate, in cui ogni elemento ha un ruolo specifico nella narrazione. Utilizza l’illuminazione con maestria, dando vita a composizioni visive ricche e coinvolgenti.
Dal punto di vista tecnico, Crewdson ha utilizzato fotocamere grande formato con obiettivi 250 e 300 millimetri, prima del passaggio al medio formato digitale negli ultimi anni.
In sintesi, le fotografie di Gregory Crewdson vanno ben oltre la semplice documentazione del reale. Esse sono opere d’arte elaborate, con una forte componente psicologica e una narrazione complessa. L’approccio di Crewdson alla fotografia va al di là della semplice cattura dell’immagine, trasformando la realtà in un universo creato dalla sua visione artistica e psicologica.
Per approfondire vedi anche
https://gagosian.com/artists/gregory-crewdson/
https://www.instagram.com/crewdsonstudio/
Conosciamo Mark Strand (1934-2014)
Poeta, saggista e pittore americano di origini canadesi. È noto per la sua poesia distintiva, spesso caratterizzata da un tono riflessivo, sognante e contemplativo. La sua opera ha guadagnato numerosi riconoscimenti e ha lasciato un’impronta significativa nella letteratura contemporanea.
Una delle caratteristiche distintive della poesia di Mark Strand è l’uso dell’immaginazione e della fantasia. Nei suoi versi, Strand crea mondi di significato profondo attraverso immagini evocative e una lingua semplice, ma ricercata. Le sue poesie spesso esplorano l’interiorità dell’essere umano, le emozioni, il senso di isolamento e l’inquietudine dell’esistenza.
Un altro tratto distintivo del lavoro di Strand è la sua abilità nel trattare temi universali e metafisici. Le sue poesie affrontano questioni esistenziali, come il significato della vita, la natura del tempo e la mortalità, senza mai cadere nel didascalico o nell’eccessivamente astratto. La sua voce poetica è intima, evocativa e profondamente coinvolgente, attirando il lettore in un viaggio di scoperta interiore.
La semplicità e la chiarezza della scrittura di Mark Strand sono spesso accompagnate da un tocco di umorismo e ironia. Questo equilibrio tra serietà e leggerezza crea una dimensione poetica che sfida il lettore a riflettere e a guardare oltre la superficie delle parole.
Inoltre, Strand era anche un pittore, e l’influenza delle arti visive si fa sentire nella sua scrittura. La sua capacità di creare immagini vivide e suggestive con le parole è stata arricchita dalla sua esperienza nell’espressione visiva, portando ad una sensibilità unica nella sua poesia.
Le tematiche e lo stile distintivo di Mark Strand hanno influenzato molti poeti successivi, lasciando un’eredità significativa nel panorama letterario. La sua poesia continua a essere letta e apprezzata per la sua bellezza e profondità, per il modo in cui esplora la condizione umana e per la sua capacità di trasformare esperienze quotidiane in momenti di rivelazione e comprensione.
La lunga festa triste
Qualcuno diceva
qualcosa sulle ombre che coprivano il campo, su
come le cose passano, su come ci si addormenta verso l’alba
e il mattino se ne va.
Qualcuno diceva
di come il vento si spegne ma poi torna,
di come le conchiglie sono le bare del vento
ma le intemperie continuano.
Era una lunga serata
e qualcuno diceva qualcosa sulla luna che cosparge di bianco
i campi gelidi, e che non c’era niente da aspettarsi
se non sempre le stesse cose.
Qualcuno parlò
di una città in cui era stata prima della guerra, una stanza e due candele
contro la parete, qualcuno che ballava, qualcuno che guardava.
Cominciammo a credere
che la sera non sarebbe mai terminata.
Qualcuno diceva che la musica era finita e non se n’era accorto nessuno.
Poi qualcuno disse qualcosa sui pianeti, sulle stelle,
di quant’erano minuscoli, quant’erano lontani.
Nella poesia, Strand crea un’atmosfera di malinconia e riflessione, introducendo diversi elementi simbolici che sottolineano il passare del tempo e la transitorietà della vita.
Il poeta descrive una conversazione tra diverse persone, ognuna delle quali condivide pensieri e osservazioni sulla natura effimera delle cose. Le ombre che coprono il campo rappresentano il passare del tempo, mentre il vento che si spegne e ritorna suggerisce il ciclo della vita e della natura.
La luna che cosparge di bianco i campi gelidi è un simbolo della solitudine e dell’incertezza, mentre la citazione “non c’era niente da aspettarsi / se non sempre le stesse cose” riflette una sorta di fatalismo, dove le situazioni sembrano ripetersi ciclicamente senza possibilità di cambiamento.
Il ricordo di una città prebellica, con la stanza illuminata da due candele, evoca un senso di nostalgia e di momenti ormai lontani. La poesia suggerisce anche un senso di disillusione riguardo alla musica e all’arte, simboleggiate dal fatto che “la musica era finita e non se n’era accorto nessuno”. Questo può essere interpretato come una critica alla mancanza di attenzione o consapevolezza dell’umanità riguardo alle meraviglie del mondo.
Infine, la menzione dei pianeti e delle stelle, con la loro piccolezza e distanza apparentemente infinite, può far riflettere sul senso di insignificanza dell’individuo di fronte all’immensità dell’universo.
Complessivamente, “La lunga festa triste” è una poesia che invita alla contemplazione sulla vita, sul tempo e sulle emozioni umane. L’uso dei simboli e delle immagini crea un’atmosfera suggestiva e carica di significato, tipica dello stile poetico di Mark Strand.
Una similitudine tra la poesia “La lunga festa triste” di Mark Strand e le fotografie di Gregory Crewdson è l’atmosfera di malinconia e inquietudine che entrambi gli artisti riescono a creare nei loro lavori.
Nella poesia di Mark Strand, si percepisce una sensazione di tristezza e riflessione sulla natura effimera delle cose e sulla monotonia della vita. Le immagini delle ombre che coprono il campo, del vento che si spegne e ritorna e della luna che cosparge di bianco i campi gelidi, evocano una sensazione di solitudine e di ciclicità, che può suscitare un senso di nostalgia e malinconia nel lettore.
Le fotografie di Gregory Crewdson condividono una simile atmosfera di malinconia e inquietudine. Le sue immagini spesso catturano momenti sospesi e carichi di tensione, con ambientazioni urbane o suburbane che sembrano essere immobili nel tempo. Le luci e le ombre giocate da Crewdson contribuiscono a creare una sensazione di mistero e isolamento, con personaggi spesso immersi nei propri pensieri o in situazioni ordinarie trasformate in qualcosa di più profondo e carico di significato.
Sia la poesia di Strand che le fotografie di Crewdson offrono spunti per riflessioni sulla condizione umana e sulla complessità della vita. Entrambi gli artisti esplorano il tema della transitorietà, dell’effimero e della continua ricerca di significato nell’esistenza umana.
In definitiva, sia la poesia di Mark Strand che le fotografie di Gregory Crewdson condividono una profonda sensibilità verso l’esperienza umana, usando il loro talento artistico per suscitare empatia e far riflettere sulle sfumature della vita, lasciando una forte impressione emotiva nel pubblico.